
Ieri alla Camera è stata respinta per 3 voti la mozione di sfiducia presentata da Fini, Casini e altri parlamentari d'opposizione, sembrava la fine del caimano ma non lo è stata. Almeno per ora.
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di S u p e r b o nu s
Politica d'agosto
Analizzando quello che politicamente sta succedendo in questo periodo in Italia, vengono alla luce diversi scenari. Proviamo ad elencarli e vedere quello che esce fuori.
Scenario n. 1: governo di transizione.
La camera riapre a settembre. B., come ha già detto, mette in agenda 4 punti blindati che fanno parte del famoso "programma" per cui sono stati eletti (ci sarebbe da discutere una vita su questo, vorrei davvero sapere quanti dei 17 milioni che hanno votato PDL e Lega hanno veramente letto e sottoscritto QUEL programma, ma tant'è). In questi 4 punti infila anche un casus belli, tipo il processo breve indigeribile per i figiani che fanno mancare la maggioranza. Cade il governo e si da il via alle consultazioni del capo dello stato. Voci di corridoio danno per certo il nome che B. proporrà al Capo dello stato: Gianni Letta. Il gran visir molto inviso alla Lega è indagato almeno in un procedimento e (si vocifera) di dossier su di lui B. ne ha un vagone. Rifiuta anche di provare a metter su un governo, quindi niente Letta. Tocca a Pisanu, vecchio democristiano che ha già palesato il suo intento di rimanere in parlamento qualunque cosa succeda. Alla Camera i numeri ci sono, al senato no. In questo caso, o si coinvolge anche la Lega emarginando i berluscones, oppure Pisanu riesce a spaccare ulteriormente il PDL portando con lui altri senatori e rimpinguando così la maggioranza che eventualmente lo sosterrebbe, altrimenti Napolitano non gli darà mai il mandato, perché nessuno vorrebbe una maggioranza che non è uscita vincitrice dalle elezioni. Diciamo che Pisanu si porta 7-8 senatori, bastano per approvare legge elettorale condivisa e una buona legge sul conflitto d'interessi? Non bastano. Quindi, alle urne.
Oppure: la Lega abbandona B., entra nel governo (probabilmente mantenendo gli interni e rifacendosi dare l'agricoltura, facendo fuori l'odiato Galan) e ci sono i numeri per far tutto, anche se la convivenza di Bossi con Casini e soprattutto Fini sarebbe un problema. Ma Bossi non è nuovo a voltafaccia ("Berlukaz" non l'ha inventato Di Pietro). Conclusione di questo primo scenario: Berlusconi con le valigie latitante in un Paese senza estradizione e governo di vecchi arnesi della politica, che faranno galleggiare il Paese in un modo poco più accettabile di quello che viviamo ora.
P.S. Ovviamente Tremonti rimarrebbe in sella passando con la Lega.
Scenario n. 2: Dimissioni di Fini da Presidente della Camera
Come già detto, la Camera riapre a settembre in concomitanza dell'arrivo delle rogatorie da Montecarlo. Come si vocifera nelle società off shore che hanno acquistato la "famosa" casa, c'è un nome vicino al Presidente della Camera che verrà costretto per forza di cose alle dimissioni.
Il sogno di B. sarebbe sciogliere una sola Camera (la Costituzione lo consente) e rinnovarne una sola del Parlamento, mettendo alla porta tutti quelli leggermente più "liberi" e candidando una serie infinita di yes men. Napolitano difficilmente accetterebbe una forzatura simile (cosa fra l'altro mai accaduta in oltre 60 anni di Repubblica). Quindi alle urne per rinnovare tutto il parlamento, da una parte PDL + Lega, dall'altra una sorta di CNL con dentro tutti quelli che ci stanno, basando il tutto su un programma articolato in 2 punti: Legge elettorale e legge sul conflitto d'interessi. In questo caso possiamo anche azzardare un'ipotesi su come potrebbero andare le elezioni, ma lo faremo in seguito. Per ora rimaniamo su questi due scenari.
http://caderno.josesaramago.org/2009/06/08/a-coisa-berlusconi/
Questo articolo, con questo stesso titolo, è stato pubblicato ieri sul quotidiano spagnolo “El País”, che me lo aveva espressamente commissionato. Considerando che in questo blog ho lasciato alcuni commenti sulle prodezze del primo ministro italiano, sarebbe strano non mettere anche qui questo testo. In futuro ce ne saranno sicuramente altri, visto che Berlusconi non rinuncerà a quello che è e a quello che fa. Né lo farò anch’io.
La Cosa Berlusconi
Non trovo altro nome con cui chiamarlo. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un profondo rigurgito non dovesse strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene distruggendo il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondanti dell’umana convivenza vengono calpestati ogni giorno dalle viscide zampe della cosa Berlusconi che, tra i suoi vari talenti, possiede anche la funambolica abilità di abusare delle parole, stravolgendone l’intenzione e il significato, come nel caso del Polo della Libertà, nome del partito attraverso cui ha raggiunto il potere. L’ho chiamato delinquente e di questo non mi pento. Per ragioni di carattere semantico e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente in Italia possiede una carica più negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. È stato per rendere in modo chiaro ed efficace quello che penso della cosa Berlusconi che ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli ha attribuito nel corso del tempo, nonostante mi sembri molto improbabile che Dante l’abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese, significa, in accordo con i dizionari e la pratica quotidiana della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o a dettami morali”. La definizione calza senza fare una piega alla cosa Belusconi, a tal punto che sembra essere più la sua seconda pelle che qualcosa che si indossa per l’occasione. È da tanti anni che la cosa Belusconi commette crimini di variabile ma sempre dimostrata gravità. Al di là di questo, non solo ha disobbedito alle leggi ma, peggio ancora, se ne è costruite altre su misura per salvaguardare i suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, per quanto riguarda i dettami morali invece, non vale neanche la pena parlarne, tutti sanno in Italia e nel mondo che la cosa Belusconi è oramai da molto tempo caduto nella più assoluta abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte affinché gli potesse servire da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui stanno trascinando i valori di libertà e dignità di cui erano pregne la musica di Verdi e le gesta di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale per l’Europa e gli europei. È questo che la cosa Berlusconi vuole buttare nel sacco dell’immondizia della Storia. Gli italiani glielo permetteranno?
IO, FIGLIO DI BR, PAGO PER MIO PADRE E UN LIBRO di Manolo Morlacchi
Il 18 gennaio 2010 sono stato arrestato insieme al mio amico Costantino Virgilio. Ci accusano di far parte, cito dall'ordinanza: " (...) in un'associazione terroristica-eversiva costituita in una banda armata denominata 'per il comunismo Brigate Rosse', con vocazione marxista-leninista, proiettata a coagulare in sé tutti i comunisti combattenti impegnati sul terreno della lotta armata a livello di area europea mediterranea meridionale". Non mi sono mai preso troppo sul serio se, senza nemmeno accorgermene, stavo sovvertendo lo scacchiere geopolitico dell'Europa mediterranea. Non ci viene contestato alcun fatto specifico: rapine, attentati, possesso di armi o altro materiale illegale (...) Ciò che mi preme denunciare è lo scandalo della carcerazione preventiva che stiamo subendo, senza che ci sia stato addebitato alcun fatto concreto. (...)
Sette mesi prima del nostro arresto io e Costantino siamo stati prelevati dal nostro posto di lavoro da agenti della Digos e portati in questura. Perquisite le nostre case, le nostre auto, i nostri averi. Rilasciati a notte fonda, torniamo a casa con un avviso di garanzia e la qualifica di indagati, dopo che il giorno stesso erano stati eseguiti altri cinque arresti. Ci sono voluti altri sette mesi prima di ricevere una nuova visita della Digos, questa volta venuta ad arrestarci. Sull'ordinanza di arresto non ho trovato una sola nuova evidenza o riscontro che aggiornasse l'avviso di garanzia del giugno 2009. Ma se le accuse a nostro carico restavano le stesse, non altrettanto poteva dirsi delle nostre vite. La visita della Digos sul posto di lavoro portò al nostro rapido licenziamento. Ci trovammo così indagati, disoccupati e con dei bimbi piccoli da mantenere. Da settembre 2009 la ricerca di un nuovo impiego si fece affannosa, quotidiana, difficile. Verso dicembre ricevemmo le prime risposte positive, i primi colloqui e la prospettiva concreta di un nuovo lavoro. Il 18 gennaio spazza via tutto.
Il mio nome è troppo ghiotto; la notizia dell'arresto ottiene grande clamore mediatico, Manolo Morlacchi, figlio di Pietro, già militante Br negli anni '70, non può che avere la sovversione nel DNA. Anche il mio libro, che fino ad allora aveva avuto ben poco spazio sui media, gode in quei giorni di nuova e insperata pubblicità. "La fuga in avanti" rappresenta una delle ragioni per cui io mi trovo in galera. Nelle sue pagine racconto la storia della mia numerosa famiglia. Un storia che, muovendo dall'avvento del fascismo, racconta la progressiva presa di coscienza di dieci fratelli, la loro adesione alla Resistenza, alle lotte operaie degli anni '50 e '60, alle battaglie condotte nel PCI e, infine, l'adesione di alcuni di loro all'esperienza delle prime Brigate Rosse. Un libro irresponsabile, come ha scritto qualcuno in una delle rarissime recensioni. Un libro che non prende le distanze. Un libro che rivendica le vicende umane e politiche di una famiglia e dei miei genitori. Che "La fuga in avanti" mi avrebbe causato problemi l'avevo messo in conto; non al punto, però, da farmi finire in un'inchiesta sul terrorismo. E' stato un mio errore di valutazione, ma non avrei potuto fare diversamente: quel libro andava scritto, e io ne sono orgoglioso. (...) Oggi il Riesame deciderà sulla nostra scarcerazione. Ci apprestiamo ad affrontare la tappa con due intenti: difendere la nostra identità di comunisti e tornare alla libertà con la stessa dignità di quando l'abbiamo perduta.
500, 600, 700, 750 miliardi e le borse s'impennano.
Emettere nuovo debito per lucrare oggi quello che verrà pagato domani, il grande capitalismo dalle pezze al culo scarica ancora i debiti sulle nuove generazioni. Il capitalismo è ormai senile per dirla alla Amin ma le conseguenze della sua caduta ogni giorno aumentano.
Il problema non è italiano o europeo, è mondiale ma a nessuno frega una mazza.
La rivoluzione o sarà globale o non sarà. La mia speranza è riposta tutta ai popoli dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina.
Centro (Europa, Nord America e Giappone), contro periferia (Asia, Africa e America Latina). John Titor scrisse che vinceranno le periferie, me lo auguro vivamente.