mercoledì 16 luglio 2008

RITORNO AL 1760



Come diventare bravi imprenditori oggi in italia? è una domanda a cui non ho una risposta perchè non sono un imprenditore. però un articolo di oggi mi ha scosso notevolmente.
leggevo della fabbrica mivar, chi non se la ricorda la televisione mivar, tutti più o meno in qualche casa l'hanno avuta, o comunque conosceva qualcuno che ne aveva una. questo marchio nostrano di televisori era abbastanza affidabile e abbastanza economico. bene, questa buona realtà imprenditoriale italiana aveva, pensate, fino a poco tempo fa il 20% della fetta del mercato nazionale di quel settore. ora l'1%. leggendo il titolo abbastanza allarmante: 345 operai perdono il posto, letto subito dopo quello nella stessa pagina (legler jeans 360 operai in cassa integrazione) mi sono incuriosito e sono andato a vedere le cause di un crollo così assurdo, 19 punti % sono tanti.
allora cosa ti scopro nell'articolo? che i mancati investimenti nelle nuove tecnologie (lcd e plasma) hanno fatto precipitare le vendite di questo "nostalgico" del tubo catodico e non solo di quello....
ma come mai un'azienda che ha il 20% del mercato nazionale non investe? o meglio non investe in italia? perchè dal 1996 si parla di un capannone nuovo per la produzione vuoto per il ricatto del padrone che come paletto per la nuova produzione aveva messo: no a sindacati nella nuova fabbrica. quindi investimenti bloccati=perdita di mercato=licenziamenti.
tutto questo giochetto ha causato il depennamento del 90% degli operai, mica male.
quindi un ricatto da prima rivoluzione industriale sennò addio posti di lavoro.
bè da uno, sempre stando all'articolo dell'unità, che in ufficio e in casa ha non busti di mussolini, ma di hitler, non è male.
la mivar ora scomparirà dal mercato? io non credo, magari la troveremo lo stesso in lcd o al plasma, solamente fatta in un altro posto, in romania magari, a 100 euro e 4 morti al mese...

2 commenti:

  1. Suggerirei di attingere le informazioni da fonti un poco meno capziose. Ricordo un bel redazionale sul sig. Vichi e la sua Mivar realizzato dal Sole 24 ore qualche anno fa. Certo alcune sue scelte strategiche parevano discutibili già allora, ma sempre coerenti. In effetti è vero che dopo aver realizzato un nuovo grande impianto produttivo decisamente all’avanguardia decise di non renderlo operativo per divergenze con sindacati ed alcune istituzioni locali, ma fonti ben informate confermano la versione del sig. Vichi, e cioè che per rilasciare i permessi lui avrebbe dovuto assumere un certo numero di persone indicate da dette istituzioni e sindacati. In realtà lui decise di non cedere al ricatto, ricatto che fu lui a subire e non viceversa. D’altro canto resta difficile immaginare come possa in questo caso essere l’imprenditore a ricattare, dato che il capannone l’ha pagato lui e l’azienda, sino a prova contraria, è sua. Al contrario questo tipo di ricatto è subito pressoché da tutte le aziende aventi una certa rilevanza. Provi ad esempio ad informarsi su ciò che accade quando una catena di Ipermercati decide di aprire un nuovo punto vendita: se immagina che le condizioni per ottenere i permessi siano solo quelle di essere in regola con la normativa vigente e con il piano regolatore in vigore, come parrebbe logico, immagina solo una piccola parte della realtà. Realtà in cui politica e istituzioni locali si contendono allegramente assunzioni e concessioni (voto di scambio, do you know?). Non vorrei tediarla con la Mivar e correlati, per cui passo a provare a rispondere alla domanda incipit del suo post, essendo un piccolo ed ancora relativamente giovane imprenditore italiano. Credo che l’unico modo per divenire ed essere bravi imprenditori in Italia sia, paradossalmente, quello di trasferirsi in un altro paese, non necessariamente in un paese del terzo mondo, Spagna e Danimarca, per cogliere 2 realtà molto diverse tra loro, potrebbero essere due opportunità, ma escludendo la Francia, praticamente qualsiasi paese europeo è di gran lunga meglio del nostro. Richiamando quanto detto da qualcuno molto più autorevole di me molti anni fa, in Italia è praticamente “tutto sbagliato, tutto da rifare”. Mi conceda di esprimerle un paio di concetti basilari. In una società basata su un sistema capitalista come quella del mondo occidentale, il motore primario di qualsiasi cosa le venga in mente sono le imprese. Non l’annoierò con innumerevoli esempi, ma credo sia facile comprendere come essendo il denaro alla base di tutto, l’unica organizzazione in grado di crearlo è l’impresa. La prego di non cadere nella superficiale retorica: “il denaro non è tutto, ci sono molte cose che non si fanno per denaro”, che certo è vera ma omette di dire che quello che non si fa “per” denaro si fa “con” il denaro. In Italia la maggior parte degli imprenditori dotati di basi etiche non può che sentirsi frustrato, qui forse qualche esempio potrebbe concedermelo: perché la Guardia di Finanza e praticamente tutti gli organi ispettivi sono sostanzialmente dei nemici e non dei partners? Perché la maggior parte delle leggi e delle norme sono grigie ed interpretabili ad personam? Perché i sindacati fanno politica, fanno retorica, difendono i fannulloni, e non fanno mai il loro mestiere? Perché quando lo Stato non riesce o non vuole fare o controllare questo o quello, ne scarica l’onere sulle imprese? Perché lo Stato nelle sue emanazioni verso i cittadini e le imprese è l’icona del pressappochismo e della superficialità ma noi imprenditori dobbiamo essere precisi e puntuali come svedesi nell’adempimento di obblighi così complessi e talvolta insensati che fanno venire il mal di testa? Perché se assumi un lavativo è peggio che averlo sposato, ma se lo stesso lavativo si ferisce perché è un pirla che non segue le regole di sicurezza per prima cosa il magistrato iscrive l’imprenditore nel registro degli indagati? Perché appena uno studente si laurea si convince non solo di saper fare ma anche di avere dei diritti acquisiti connaturati con il suo “titolo”? Perché per fare impresa non sono richiesti formazione esperienza e idee ma solo denaro e se hai le prime ma non il secondo te lo meni (scusi il francesismo)? La prego di credermi: potrei continuare per ore senza nemmeno dovermi concentrare. Mi conceda ancora di dire che, al di là di tutta la retorica e del populismo, la classe politica di uno stato +/- democratico è espressione +/- precisa dei suoi abitanti, e quella italiana non credo necessiti di ulteriori commenti. Se a questo punto si chiede perché lo faccio (l’imprenditore) posso dirle che le motivazioni sono molto personali, e certo non è per altruismo che lavoro 12/13 ore 6 giorni alla settimana, posso però senz’altro dirle che se dieci anni fa quando ho iniziato avessi saputo “veramente” a cosa andavo incontro: col c…o che avrei intrapreso la mia attività, perlomeno in Italia. Cordialmente.

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  2. grazie innanzitutto per il commento, un po' lungo, ma molto esaustivo. ho trovato la notizia e l'ho pubblicata cosi com'era. capisco benissimo il tuo punto di vista essendo uno sfigato con la partita iva...
    la realtà è che siamo un paese alla deriva, senso senso civico e idrorepellente alle regole. per il resto spero vivamente che gli affari ti vadano bene e che se hai operai non dovrai mai licenziarli ma anzi assumerne di nuovi (vorrà dire che le cose andranno bene). per quanto riguarda il denaro il discorso è lungo e piuttosto articolato. purtroppo è tutto vero quello che dici, ma la vita non è nata grazie al denaro. siamo noi, o meglio la società che ci è stata imposta che l'ha reso un elemento imprescindibile per la nostra vita. da mezzo per vivere è diventato il fine ultimo della vita. questo non va bene, non mi piace e non porta da nessuna parte. almeno questo è il mio modestissimo parere. soluzioni ce ne sarebbero anche se piuttosto complicate da attuare soprattutto ora che la situazione è degenerata in modo forse imprevisti anche dai grandi capitalisti internazionali.
    è stato un piacere leggere il tuo commento.

    p.s. uso il tu anche se non ci conosciamo ma visto che siamo tutti e due esseri umani e quindi uguali in tutto e per tutto mi sembra più consono.

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